Riconoscimento della proprietà collettiva di uso civico della sorgente d’acqua, come corpo idrico, in applicazione della legge n. 168/17
Con la recentissima sentenza n. 18 del 10 febbraio 2020 il Commissario per gli usi civici per il Lazio, Toscana e Umbria ha dichiarato che la sorgente storica – concessa dalla Regione Umbria a favore della società Rocchetta s.p.a. per captazione e commercializzazione delle acque – “…appartiene alla proprietà collettiva della Comunanza Agraria “Appennino Gualdese…” unitamente ai terreni ad essa circostanti.
Il riconoscimento della proprietà collettiva della sorgente d’acqua deriva dall’applicazione delle recenti disposizioni in materia di domini collettivi dettate dalla legge n. 168 del 20 novembre 2017 che ha classificato tra i beni collettivi anche i corpi idrici sui quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici[1].
In applicazione di tale disposto normativo, quindi, il Commissario romano ha ritenuto che i corpi idrici (ad es. sorgenti d’acqua, etc.) costituiscono elementi del patrimonio antico dei domini collettivi di appartenenza delle popolazioni proprietarie dei terreni circostanti.
I corpi idrici sono quindi considerati come una nuova categoria di beni collettivi non prevista dalla legislazione previgente (legge n. 1766/27), che, come noto, aveva riconosciuto alcuni usi civici su beni idrici (ad es. abbeverare gli animali), escludendo i diritti civici sull’acque stesse, di fatto classificando unicamente il diritto civico sulle acque collegato al diritto civico essenziale di pascolo[2].
Il Legislatore del 2017, viceversa – in applicazione anche dei principi di cui agli artt. 2, 9, 42 e 43 della Costituzione – ha innanzitutto riconosciuto i domini collettivi come ordinamento giuridico primario delle comunità originarie, caratterizzato dall’esistenza di una collettività i cui membri hanno in proprietà i terreni sui quali esercitano diritti di godimento.[3]
In tale prospettiva, il Legislatore del 2017 ha poi configurato anche la proprietà originaria collettiva delle acque, quali componenti essenziali dell’esistenza e/o sopravvivenza di una collettività su un determinato territorio; infatti, la collettività esercita i diritti civici sui terreni di propria appartenenza, sfruttando tutte le risorse che il territorio offre e quindi anche le acque che su di esso insistono. [4]
Tanto è vero che, nella fattispecie oggetto della su richiamata sentenza del Commissario romano, il riconoscimento della proprietà collettiva della sorgente d’acqua è stato agevolato dalla circostanza che la sorgente d’acqua è ubicata su un’area di sedime di proprietà collettiva della comunità; area – a sua volta – contornata da un vasto comprensorio civico nella disponibilità dei naturali del luogo (la comunità, in altre parole, ha sempre esercitato sul detto comprensorio civico i diritti civici di godimento utilizzando anche la sorgente idrica per vari fini quali allevamento bestiame, irrigazione, etc.).
In definitiva – in applicazione della legge n. 168/17 – ogni qualvolta la collettività vanti diritti civici e di uso civico su un determinato territorio, nel quale sono ubicati anche corpi idrici utilizzati dalla medesima collettività (sorgenti, corsi d’acqua, etc.), essi sono classificati ex lege come beni collettivi di originaria proprietà collettiva della generalità degli abitanti al pari dei terreni ad essi circostanti.
[1] L’art. 3, comma 1, legge 20 novembre 2017 n. 168 stabilisce che: “Sono beni collettivi: …..f) i corpi idrici sui quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici”.
[2] L’art. 4 legge 16 giugno 1927 n. 1766 recita “appartengono alla prima classe i diritti di pascere e abbeverare il proprio bestiame…”.
[3] L’art. 1 legge 20 novembre 2017 n. 168 stabilisce che “…in attuazione degli articoli 2, 9, 42, secondo comma, e 43 Costituzione, la Repubblica riconosce i domini collettivi, comunque denominati, come ordinamento giuridico primario delle comunità originarie:….d) caratterizzato dall’esistenza di una collettività i cui membri hanno in proprietà terreni ed insieme esercitano più o meno estesi diritti di godimento, individualmente o collettivamente, su terreni che il comune amministra o la comunità da esso distinta ha in proprietà pubblica o collettiva…”.
[4] L’art. 3, comma 1, lett. f) legge n. 168/17 cit.