Diritto al risarcimento dei danni derivanti dal mancato affidamento dell’appalto (TAR Sicilia – Catania, 21 ottobre 2021, n. 3137)
Può essere accolta la domanda di risarcimento del danno, avanzata da una ditta nei confronti della Stazione appaltante, derivante dalla mancata aggiudicazione di una gara di appalto, nel caso in cui, nonostante l’aggiudicazione originaria sia stata dapprima sospesa in sede cautelare e, successivamente, dichiarata legittima in sede di merito – con sentenza confermata in appello – l’Amministrazione sia rimasta inerte e abbia omesso di dare ottemperanza alla sentenza di merito per circa due anni, consentendo illegittimamente, per il medesimo arco temporale, lo svolgimento del servizio (nella specie, si trattava del servizio di igiene urbana), alla ditta seconda classificata, il cui contratto di appalto è stato caducato dalla suddetta sentenza di merito; in tal caso, infatti, sussiste il nesso di causalità tra gli atti illegittimi adottati dalla Stazione appaltante e il danno che la società istante ha lamentato di aver subito per loro causa, consistente nel mancato utile di impresa effettivo mensile e nel danno curriculare.
Nell’ambito di una procedura di gara indetta da un’Amministrazione comunale nel 2015 per l’affidamento del servizio di igiene urbana, l’impresa risultata seconda classificata impugnava l’aggiudicazione disposta in favore della prima graduata.
A fronte del rigetto dell’istanza cautelare disposta dal TAR competente, con ordinanza del 2016, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana (di seguito, CGA) sospendeva gli effetti dell’aggiudicazione. In esecuzione di tale provvedimento cautelare, il Comune procedeva quindi ad escludere dalla gara l’originaria aggiudicataria e stipulava il contratto con l’impresa che si era inizialmente collocata al secondo posto.
Sennonché, con la successiva sentenza di merito il TAR respingeva il ricorso promosso dalla società seconda classificata e – previo annullamento del provvedimento di esclusione disposto contro l’originaria aggiudicataria – confermava la legittimità dell’aggiudicazione originariamente disposta.
Dopo la sospensione cautelare dell’efficacia di tale sentenza da parte del Giudice di secondo grado, il CGA respingeva l’appello proposto dalla seconda classificata e confermava l’aggiudicazione in favore dell’originaria prima classificata.
Tuttavia, nonostante il CGA avesse chiaramente specificato che da tale esito discendeva la reviviscenza dell’aggiudicazione definitiva che la Stazione appaltante aveva inizialmente accordato all’originaria aggiudicataria, l’Amministrazione aggiudicatrice ometteva di dare ottemperanza a tale sentenza per oltre due anni, con la conseguenza che il contratto con l’originaria aggiudicataria è stato stipulato (e il successivo avvio del servizio è avvenuto) nel 2020, ossia a distanza di cinque anni dalla conclusione della gara.
In particolare, la Stazione appaltante stipulava con l’impresa originaria aggiudicataria il contratto di appalto solo per il periodo residuo pari a 3 anni e 10 mesi, in luogo dei 7 anni previsti nel bando di gara. In occasione della stipula del contratto, però, l’impresa formulava specifica riserva risarcitoria allegando al predetto contratto una dichiarazione con cui si riservava di chiedere il risarcimento derivante dalla minore durata contrattuale, dai danni conseguenti al mancato ammortamento dei mezzi e delle attrezzature, dal mancato utile d’impresa e dal danno curriculare subito per la mancata realizzazione dell’intera cifra d’affari.
Pertanto, successivamente, l’impresa proponeva un nuovo ricorso per ottenere il risarcimento dei danni subiti che venivano effettivamente accertati dal Giudice Amministrativo.
Il TAR infatti rilevava l’illegittimità dell’inerzia della Stazione appaltante la quale ometteva di dare ottemperanza alla sentenza di merito per circa due anni, consentendo illegittimamente, per il medesimo arco temporale, lo svolgimento del servizio alla società seconda classificata il cui contratto di appalto era stato caducato dalla suddetta sentenza di merito.
Ciononostante, il TAR condannava l’Amministrazione a risarcire il danno consistente nel mancato utile di impresa effettivo mensile e nel danno curriculare parametrandolo ad un periodo di 2 anni, 8 mesi e 6 giorni, anziché al periodo di 3 anni e 2 mesi richiesto dalla ricorrente.
Infatti, il ritardo nella stipulazione del contratto con l’originaria aggiudicataria deve comprendere il periodo che va dalla (illegittima) stipula del contratto con la seconda classificata fino alla data della sentenza di merito pronunciata dal CGA, e il successivo periodo che va dal trentesimo giorno successivo alla notificazione della sentenza di merito del CGA alla Stazione appaltante fino alla data di stipula del contratto di appalto con l’originaria aggiudicataria del servizio, senza considerare, quindi, il periodo intercorrente tra la data della pronuncia della sentenza di merito del CGA e il trentesimo giorno successivo alla notificazione della sentenza.
Al riguardo, il TAR ha chiarito che l’immediata esecutività della sentenza non può riferirsi tout-court al menzionato diritto della società ricorrente a subentrare nel contratto stipulato dalla Stazione appaltante con la seconda classificata in quanto è principio consolidato quello secondo cui “… nelle gare di appalto i requisiti generali e speciali devono essere posseduti dai candidati non solo alla data di scadenza del termine per la presentazione della richiesta di partecipazione alla procedura di affidamento, ma anche per tutta la durata della procedura stessa fino all’aggiudicazione definitiva ed alla stipula del contratto …” (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 20 luglio 2015, n. 8).
Inoltre, alla stregua dell’art. 88, lettera f), c.p.a. secondo cui il G.A. ordina che la decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa, a seguito della sentenza di merito del CGA la Stazione appaltante poteva soltanto attivare il preliminare obbligo di verifica del perdurante possesso in capo all’aggiudicataria dei requisiti richiesti dalla lex specialis di gara (da effettuarsi – in assenza di previsioni più specifiche – entro il termine massimo di trenta giorni stabilito per la conclusione di procedimenti amministrativi ex art. 2, L. n. 241/1990), non già poteva addivenirsi all’immediata stipula del contratto.
Scarica la sentenza del TAR Sicilia n. 3137/2021.