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Caro materiali negli appalti pubblici: le principali novità nella legge di conversione del Decreto Sostegni-ter

La Legge 28 marzo 2022, n. 25, entrata in vigore in data 29 marzo 2022, ha convertito in legge il D.L. n. 4 del 27 gennaio 2022 (c.d. Decreto Sostegni-ter) recante “misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19, nonché per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico”.

La legge di conversione n. 25/2022 non modifica il meccanismo di revisione dei prezzi nell’affidamento di contratti pubblici previsto nell’originario Decreto Sostegni-ter.

L’art. 29 comma 1 e ss del predetto decreto legge dispone, infatti, che nell’affidamento dei contratti pubblici è obbligatorio l’inserimento, nei documenti di gara iniziali, delle clausole di revisione dei prezzi previste dall’art. 106, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 50/2016  fermo restando quanto previsto dal secondo e dal terzo periodo del medesimo comma 1.

In pratica viene esteso a tutti i contratti pubblici affidati dal 27 gennaio 2022 sino al 31 dicembre 2023 l’obbligo e non più la semplice facoltà d’inserire una clausola di revisione dei prezzi.

Tuttavia, il meccanismo di compensazione prevede una diversa disciplina a seconda che l’affidamento riguardi dei lavori, piuttosto che forniture e servizi.

Infatti, per i servizi e forniture il legislatore ha previsto “soltanto” l’obbligo d’inserimento delle clausole di revisione prezzi, senza tuttavia definirne in via preventiva ed automatica il contenuto.

Va quindi rilevato che le Amministrazioni dovranno – per la rinegoziazione in materia di servizi e forniture – necessariamente stabilire la natura e la “portata” delle eventuali modifiche contrattuali, nonché le condizioni cui le stesse potranno essere applicate.

Al contrario, per quanto concerne i contratti relativi ai lavori, in deroga all’art. 106, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 50/2016, le variazioni di prezzo dei singoli materiali da costruzione, in aumento o in diminuzione, sono valutate dalla Stazione appaltante soltanto se tali variazioni risultano superiori al 5% rispetto al prezzo (non più il 10%), rilevato nell’anno di presentazione dell’offerta, tenendo conto di quanto previsto dal decreto del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MIMS) di cui al comma 2, secondo periodo.

In tal caso si procede a compensazione, in aumento o in diminuzione, per la percentuale eccedente il 5% e comunque in misura pari all’80% di detta eccedenza, nel limite delle risorse del fondo appositamente istituito dal MIMS.

Per ottenere un’effettiva revisione, l’appaltatore deve quindi presentare alla Stazione appaltante – a pena di decadenza – un’istanza di compensazione entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto contenente l’aggiornamento dei prezzi delle materie prime.

Il direttore dei lavori della Stazione appaltante verificherà l’eventuale effettiva maggiore onerosità subita dall’esecutore, da provarsi con adeguata documentazione, ivi compresa la dichiarazione di fornitori o subcontraenti o con altri idonei mezzi di prova relativi alle variazioni (in pratica basterà dimostrare in fattura il maggior costo d’acquisto sostenuto dal costruttore rispetto a quello indicato al momento di presentazione dell’offerta).

Per quanto concerne, invece, l’impatto sugli accordi quadro già aggiudicati ed efficaci all’entrata in vigore della presente legge di conversione dell’abnorme e costante aumento del costo dei materiali, le novità più rilevanti sono sicuramente rappresentate dall’introduzione, nell’art. 29 del Decreto Sostegni-ter, dei commi 11-bis e 13-bis.

Nello specifico, il comma 11-bis dispone che, in relazione agli accordi quadro di lavori di cui all’art. 54 del D.Lgs. n. 50/2016, anche “già aggiudicati ovvero efficaci alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”, conclusi con un solo operatore o con più operatori, le Stazioni appaltanti possano procedere all’affidamento dei lavori specifici basati sull’accordo quadro utilizzando le risultanze dei prezzari regionali aggiornati secondo le nuove modalità di cui all’art. 29, comma 12, del Decreto Sostegni-ter, fermo restando il ribasso formulato in sede di offerta dall’impresa aggiudicataria, e comunque nei limiti delle risorse complessivamente stanziate per il finanziamento dei lavori ricadenti nell’accordo quadro.

Viene altresì statuito che, nelle more dell’aggiornamento dei prezzari regionali, le Stazioni appaltanti possano – sempre nei limiti delle risorse complessivamente stanziate per il finanziamento dei lavori dell’accordo quadro – “incrementare ovvero ridurre le risultanze dei prezzari regionali utilizzati ai fini dell’aggiudicazione”, e ciò in ragione degli esiti delle rilevazioni effettuate dal MIMS su base semestrale, ai sensi dell’art. 29, comma 2 del D.L. n. 4/2022. Anche in tal caso, fermo restando il ribasso formulato in sede di offerta dall’impresa aggiudicataria.

In estrema sintesi, in virtù della nuova disposizione, nel caso di accordi quadro già aggiudicati ed efficaci alla data di entrata in vigore della legge di conversione, le stazioni appaltanti – fermo restando il ribasso offerto – potranno affidare gli interventi rientranti nell’accordo quadro applicando i prezzari medio tempore aggiornati (non quindi, quelli ormai obsoleti che erano stati eventualmente considerati in sede di gara per l’aggiudicazione del contratto).

Inoltre, laddove non siano stati ancora aggiornati i prezzari di riferimento (aggiornamento da effettuare sempre con le nuove modalità previste dall’art. 29, comma 12, del D.L. 4/2022), le stesse Stazioni appaltanti potranno applicare incrementi ai prezzi di contratto sulla base delle rilevazioni semestrali effettuate dal MIMS e ricognitive dell’incremento dei costi dei materiali da costruzione ritenuti più rappresentativi secondo le metodologie di stima messe a punto dall’ISTAT.

Da ultimo, si segnala infine che in sede di conversione è stato altresì aggiunto il comma 13-bis all’art. 29 che adegua il termine dal quale è possibile sciogliere il Collegio consultivo tecnico (CCT) alla data del 30.6.2023.

Orbene, sì tratta di un intervento normativo volto a prorogare l’applicazione di un istituto già esistente.

La collocazione di tale previsione nel contesto dell’art. 29 – finalizzato ad   incentivare   gli investimenti pubblici, e a far fronte alle ricadute economiche negative  a  seguito  delle  misure  di  contenimento   della pandemia – non è evidentemente casuale; nell’ambito del collegio consultivo tecnico, infatti, le istanze dell’appaltatore correlate alla grave situazione del rincaro e dell’indisponibilità dei materiali da costruzione possono trovare esame ed eventualmente soluzione.

Scarica l’articolo 29 della Legge di conversione del Decreto Sostegni-ter