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L’espropriazione per pubblica utilità dei beni demaniali collettivi e di uso civico nel D.L. 16 luglio 2020 n. 76 sulla semplificazione dei procedimenti autorizzativi delle infrastrutture delle reti energetiche nazionali

L’art. 60, comma 4, lett. a), del D.L. 16 luglio 2020 n. 76 (c.d. decreto semplificazioni) aveva previsto la modifica dell’art. 4, comma 1 bis, del d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 in tema di espropriazione dei beni collettivi o gravati da usi civici, prevedendo la possibilità di procedere all’espropriazione dei beni collettivi in assenza di mutamento di destinazione d’uso, anche nel caso in cui l’opera pubblica sia interrata (e quindi comunque compatibile con l’esercizio dell’uso civico) o comunque occupi una superficie inferiore al 5 per cento rispetto a quella complessiva oggetto di diritto di uso civico[1].

La ratio della norma del decreto legge “semplificazione” era certamente quella di facilitare e semplificare le procedure per la realizzazione delle opere infrastrutturali di trasporto dell’energia, soprattutto nell’ipotesi in cui tali opere non impediscano o limitino l’esercizio dell’uso civico, ovvero non siano in contrasto con la conformazione originaria dei beni collettivi.

Tuttavia in sede di approvazione della legge 11 settembre 2020 n. 120 (entrata in vigore il 15 settembre 2020) di conversione del detto decreto legge, il legislatore ha modificato l’art. 60 del d.l. n. 76/2020, e di conseguenza l’art. 4 del d.P.R. n. 327/2001, eliminando dal testo dell’articolo la possibilità di procedere all’espropriazione dei beni demaniali di uso civico, in assenza di autorizzazione al mutamento di destinazione d’uso, nel caso in cui l’opera pubblica fosse  interrata o occupi una superficie inferiore al 5 per cento rispetto a quella complessiva oggetto di diritto di uso civico[2]. Pertanto prima di procedere all’espropriazione dei beni demaniali di uso civico è sempre obbligatorio il rilascio dell’autorizzazione al mutamento di destinazione d’uso, fatto salvo il caso in cui l’opera pubblica sia compatibile con l’esercizio dell’uso civico.

Tale modifica in sede di conversione del d.l. n. 76/2020 è perfettamente conforme alla giurisprudenza pacifica e consolidata in materia, che è stata sempre orientata a far prevalere la necessità di tutelare i beni collettivi di uso civico (come beni aventi valenza ambientale-paesaggistica) rispetto all’esigenza di realizzare gli impianti di pubblico interesse, e tra questi anche le reti infrastrutturali di trasporto dell’energia[3].

Viene così confermata l’applicazione rigorosa dei principi già espressi dalla normativa nazionale di cui alla legge n. 1766 del 16 giugno 1927 – rafforzati dalla legge 27 novembre 2017 n. 168 – sulla obbligatorietà del procedimento di assegnazione a categoria dei terreni civici da alienare o di mutamento di destinazione d’uso, prima di procedere all’espropriazione per pubblica utilità dei beni collettivi.

Scarica il testo dell’art. 60 del D.L. 16 luglio 2020 n. 76

[1] Art. 4, comma 1 bis, d. P.R. 8 giugno 2001 n. 327 nel testo di cui al d.l. 16 luglio 2020 n. 76: “I beni gravati da uso civico non possono essere espropriati o asserviti coattivamente se non viene pronunciato il mutamento di destinazione d’uso, fatte salve le ipotesi in cui l’opera pubblica o di pubblica utilità sia compatibile con l’esercizio dell’uso civico, compreso il caso di opera interrata o che occupi una superficie inferiore al 5 per cento rispetto a quella complessiva oggetto di diritto di uso civico”

[2] Art. 4, comma 1 bis, d. P.R. 8 giugno 2001 n. 327 nel testo di cui alla legge 11 settembre 2020 n. 120: “I beni gravati da uso civico non possono essere espropriati o asserviti coattivamente se non viene pronunciato il mutamento di destinazione d’uso, fatte salve le ipotesi in cui l’opera pubblica o di pubblica utilità sia compatibile con l’esercizio dell’uso civico”

[3] Corte Costituzionale, sentenza 21 novembre 1997 n. 345