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Sulla proroga della durata delle concessioni demaniali recata dalla legge n. 145/2018 (Cons. Stato, Ad. Plen., 9 novembre 2021, n. 18)

1.- Come ormai noto, con la Legge di bilancio 2019 (L. n. 145/2018, art, 1, commi 682, 683 e 684) il Legislatore ha disposto che le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative, vigenti alla data di entrata in vigore della medesima legge, “…hanno una durata, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge, di anni quindici…”.

Tramite tale disposizione, quindi, il Legislatore ha di fatto prorogato di 15 anni la durata delle predette concessioni – purché in vigore alla data del 1° gennaio 2019 – concernenti, a titolo esemplificativo, stabilimenti balneari, esercizi di ristorazione e di somministrazione di bevande, noleggio di imbarcazioni e natanti in genere, gestione di strutture ricettive ed attività ricreative e sportive, esercizi commerciali, etc..

2.- Come facilmente immaginabile, la predetta proroga ex lege ha sin da subito ingenerato un ampio contenzioso, nell’ambito del quale sono emerse due distinte posizioni:

a) da un lato, numerose pronunce hanno evidenziato che le concessioni demaniali marittime rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE (cd. Direttiva Bolkestein), con la conseguenza che il loro rilascio è sempre subordinato all’espletamento di una procedura di selezione tra potenziali candidati, che deve presentare garanzie di imparzialità, trasparenza e pubblicità. Secondo tale orientamento maggioritario, quindi, l’estensione ex lege della durata delle concessioni demaniali marittime sino al 2033 deve essere disapplicata dall’Autorità amministrativa in ragione del suo contrasto con la normativa eurounitaria, con conseguente illegittimità dei provvedimenti con cui gli Enti locali hanno proceduto all’attuazione della citata proroga disposta a livello nazionale (cfr. Cons. di Stato, Sez. VI, 18.11.2019, n. 7874 e TAR Toscana, Sez. II, 8 marzo 2021, n. 363);
b) dall’altro lato, un orientamento nettamente minoritario ha evidenziato che vi sarebbe una prevalenza della legge nazionale – e, segnatamente, della predetta Legge di bilancio 2019 – sulla direttiva Bolkestein, poiché quest’ultima non potrebbe ritenersi come una direttiva self-executing e, pertanto, non potrebbe trovare diretta ed immediata applicazione nell’ordinamento italiano in difetto di una apposita normativa nazionale attuativa e di riordino del settore (cfr. TAR Puglia, Lecce, Sez. I, 15 gennaio 2021, n. 73).

3.- A fronte del predetto contrasto il Presidente del Consiglio di Stato, con decreto n. 160 del 24 maggio 2021, ha rimesso all’Adunanza plenaria la tematica relativa alla doverosità, o meno, della disapplicazione – da parte dello Stato italiano in tutte le sue articolazioni – delle leggi statali o regionali che prevedano proroghe automatiche e generalizzate delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, ritenendola una “questione di massima di particolare importanza” ai sensi dell’art. 99, comma 2 c.p.a..

In particolare, sono state poste all’attenzione dell’Adunanza plenaria le seguenti questioni:

i) se sia necessaria, o meno, la disapplicazione, da parte della Repubblica Italiana, delle leggi statali (L. n. 145/2018, Legge di bilancio 2019) o regionali che prevedano proroghe automatiche e generalizzate delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative; specificamente, se, nel caso di direttiva self-excuting, l’attività interpretativa prodromica al rilievo del conflitto e all’accertamento dell’efficacia della fonte sia rimessa esclusivamente agli organi della giurisdizione nazionale o spetti anche agli organi di Amministrazione attiva;
ii) nel caso di risposta affermativa al precedente quesito, se, in ossequio del predetto obbligo disapplicativo, l’Amministrazione dello Stato membro sia tenuta all’annullamento d’ufficio del provvedimento emanato in contrasto con la normativa dell’Unione europea o, comunque, al suo riesame ai sensi e per gli effetti dell’art. 21-octies, L. n. 241/1990;
iii) infine, con riferimento alla moratoria introdotta dall’art. 182, comma 2, D.L. n. 34/2020 – in relazione all’emergenza epidemiologica da Covid-19 – qualora la predetta moratoria risulti conforme col diritto dell’Unione europea, se debbano intendersi quali “aree oggetto di concessione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto” anche le aree soggette a concessione scaduta al momento dell’entrata in vigore della moratoria, ma il cui termine sia stato prorogato ai sensi della citata L. n. 145/2018.

4.- All’esito dell’Udienza pubblica del 20 ottobre 2021 l’Adunanza Plenaria si è pronunciata sulle citate questioni con due sentenze (Cons. di Stato, Ad. Plen., 9 novembre 2021, nn. 17 e 18) destinate a costituire il centro del dibattito sul controverso tema della durata delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative.

Sulla base di un articolato iter logico-giuridico – incentrato sul rapporto tra la normativa euro unitaria e quella nazionale, anche alla luce dei principi enucleati dalla giurisprudenza della CGUE (cfr. sentenza “Promoimpresa”, in cause riunite C-458/14 e C-67/15) – l’Adunanza Plenaria ha enucleato i principi di diritto di seguito sintetizzati:

a) le norme legislative nazionali che hanno disposto – e che in futuro dovessero ancora disporre – la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative (ivi compresa la moratoria relativa all’emergenza epidemiologica da Covid-19 di cui all’art. 182 del D.L. n. 34/2020) sono in contrasto con il diritto eurounitario, segnatamente con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE (Direttiva Bolkestein). Tali norme, quindi, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione;
b) deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari, ancorché siano intervenuti atti di proroga delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative rilasciati dalla P.A. (anche nei casi in cui tali atti abbiamo formato oggetto di un giudicato favorevole). Né vi è un obbligo della P.A. di annullare in autotutela eventuali atti di proroga delle concessioni sino al 2033 già adottati, in quanto detta proroga è stata disposta direttamente dalla legge: la non applicazione della legge implica, quindi, che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni debbano ritenersi inesistenti (tamquam non esset) senza che rilevi la presenza o meno di un atto dichiarativo della proroga adottato dalla P.A. o l’esistenza di un giudicato favorevole;
c) al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative in essere – tenendo conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedure di gara richieste e, altresì, nell’auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione europea – le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023, fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’U.E..

5.- Al di là della complessità giuridica della questione esaminata dall’Adunanza Plenaria – che si avrà modo di approfondire in differente sede – si osserva che le citate pronunce, pur procrastinando di due anni la decadenza delle concessioni per uso turistico-ricreativo, comportano una conseguenza che allo stato appare ineludibile.

A far data dal 1° gennaio 2024, infatti, le predette concessioni cesseranno definitivamente di produrre i propri effetti indipendentemente da qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire (da ritenersi priva di effetti poiché in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’U.E.); di talché le Amministrazioni locali, qualora intendano affidare delle (nuove) concessioni turistico-ricreative per il territorio di propria competenza, saranno necessariamente tenute ad indire delle procedure selettive pubbliche, aperte ed imparziali, in ossequio ai principi di cui all’art. 12 della Direttiva Bolkestein.

6.- La Plenaria, peraltro, non si è limitata ad enunciare la necessità di svolgere delle gare pubbliche – che costituisce, d’altronde, la diretta conseguenza della natura self-executing della Direttiva Bolkestein, nuovamente ribadita dalle citate sentenze – ma ha altresì enucleato diversi “principi-base” che dovranno ispirare lo svolgimento di tali gare.

Ed invero, pur auspicando l’intervento del Legislatore nazionale tramite un’organica riforma di riordino del settore, il Supremo Consesso della Giustizia Amministrativa, consapevole della portata nomofilattica delle richiamate sentenze, ha precisato che:

a) al fine di tutelare il legittimo affidamento degli attuali gestori delle concessioni di cui trattasi, funzionale ad ammortizzare gli investimenti da loro effettuati, l’indizione di procedure di gara per l’assegnazione delle medesime concessioni dovrà essere supportata dal riconoscimento di un indennizzo a tutela degli eventuali investimenti effettuati dai concessionari uscenti;
b) benché nel settore in esame non trovi applicazione il principio di rotazione (previsto nel diverso settore dei contratti pubblici disciplinati dalle Direttive UE nn. 23, 24 e 25 del 2014 nonché dal D.lgs. n. 50/2016) nel conferimento delle nuove concessioni andrebbero comunque evitate ipotesi di preferenza “automatica” per i gestori uscenti, poiché ciò si tradurrebbe in un’asimmetria a favore dei soggetti che già operano sul mercato, a detrimento del principio di libera concorrenza e di apertura del mercato;
c) le gare dovranno essere improntate a criteri di selezione proporzionati, non discriminatori ed equi, che dovrebbero figurare in maniera chiara nei documenti di gara e riguardare la capacità tecnica, professionale, finanziaria ed economica degli operatori del settore oltre ad essere collegati all’oggetto del contratto;
d) in ogni caso, nell’ambito della valutazione della capacità tecnica e professionale potranno essere individuati anche criteri che, nel rispetto della par condicio, consentano anche di valorizzare l’esperienza professionale e il know-how acquisito da chi ha già svolto attività di gestione di beni analoghi (e, quindi, anche del concessionario uscente, ma a parità di condizioni con gli altri), tenendo conto della capacità di interazione del progetto con il complessivo sistema turistico-ricettivo del territorio locale, evitando tuttavia che tale valorizzazione si traduca in una sostanziale preclusione all’accesso al settore da parte di nuovi operatori;
e) ulteriori elementi di valutazione dell’offerta potranno riguardare gli standard qualitativi dei servizi – da incrementare rispetto ai servizi minimi eventualmente previsti – e la sostenibilità sociale e ambientale del piano degli investimenti, in relazione alla tipologia della concessione da gestire;
f) la durata delle concessioni dovrebbe essere limitata e giustificata sulla base di valutazioni tecniche, economiche e finanziarie, al fine di evitare indebite preclusioni all’accesso al mercato, ferma restando l’opportunità di introdurre, a livello normativo, un limite massimo alla durata delle concessioni, da determinarsi in concreto (nell’ambito del tetto normativo) da parte dell’Amministrazione aggiudicatrice nel bando di gara in funzione dei servizi richiesti al concessionario,
g) sempre in relazione alla durata delle (nuove) concessioni turistico-ricreative, quest’ultima andrebbe commisurata alla complessità organizzativa dei servizi offerti ed ai relativi investimenti ma non dovrebbe in ogni caso eccedere il periodo di tempo ragionevolmente necessario al loro recupero mentre – laddove ciò possa determinare una durata eccessiva della concessione – le Amministrazioni potranno prevedere una scadenza anticipata delle concessioni ponendo a base d’asta il valore, al momento della gara, degli investimenti già effettuati dal concessionario uscente.

A chiosa dell’individuazione dei predetti principi-guida, poi, l’Adunanza Plenaria ha auspicato che le singole Amministrazioni locali tenute allo svolgimento delle gare utilizzino queste ultime anche al fine di sfruttare appieno il reale valore dei beni demaniali oggetto di concessione, rilevando che sarebbe a tal fine opportuno che anche la misura dei canoni concessori formasse oggetto della procedura competitiva per la selezione dei concessionari, in modo tale che, all’esito della gara, l’importo del canone rifletta effettivamente il reale valore economico e turistico del medesimo bene.

7.- Le pronunce dell’Adunanza Plenaria in precedenza richiamate appaiono dunque sostanzialmente bifronti.

Sotto un primo versante, invero, operano una sorta di “rinvio” al 2024 della problematica, consentendo a tutti i soggetti attualmente titolari di una concessione demaniale per uso turistico-ricreativo di continuare ad operare per altre due stagioni balneari (2022 e 2023).

Sotto diverso profilo, tuttavia, non si può non considerare che le medesime sentenze escludono, in maniera sostanzialmente categorica, la possibilità di ulteriori proroghe dopo la scadenza del termine del 31 dicembre 2023, non soltanto stabilendo la necessità di svolgere delle pubbliche gare per l’individuazione dei (nuovi) concessionari che dovranno subentrare nel 2024 ma affermando persino che quanto precede troverà applicazione “…nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’U.E….”.

Le pronunce in questione, dunque – pur in ossequio a consolidati principi di carattere eurounitario ed in applicazione di una pronuncia della stessa CGUE (cfr. la già citata sentenza “Promoimpresa”, in cause riunite C-458/14 e C-67/15) – finiscono per imporre una sorta di “vincolo preventivo” al potere legislativo del Parlamento, precludendo anche pro futuro la possibilità di legiferare (liberamente) nella materia di cui trattasi, stabilendo fin d’ora che eventuali proroghe legislative della durata delle concessioni demaniali per uso turistico-ricreativo dovranno essere disapplicate tanto dagli organi giurisdizionali quanto dagli stessi funzionari della Pubblica Amministrazione.

8.- In definitiva, al di là del rinvio della questione al 2024 – che, nonostante la particolare attenzione riservatagli a livello mediatico, appare comunque relativamente breve considerando la proroga legislativa di 15 anni operata dalla Legge di bilancio 2019 – sembra, potersi rilevare che che il Consiglio di Stato, lungi dal voler soprassedere sulle tematiche sostanziali sottoposte al suo giudizio, abbia invece inteso “chiudere” in maniera netta e tendenzialmente definitiva la questione della durata delle predette concessioni, stabilendo l’inderogabile necessità di ricorrere al sistema delle procedure selettive pubbliche per individuare i nuovi concessionari.

Ciò, del resto, risulta confermato dai parametri di massima che il Consiglio di Stato ha già individuato al fine del corretto svolgimento delle gare pubbliche in materia di concessioni demaniali per uso turistico-ricreativo – di cui si è in precedenza detto – che sono stati enucleati sulla base dell’implicito presupposto che tali gare dovranno necessariamente svolgersi in conformità con quanto previsto dall’ordinamento eurounitario.

Le pronunce in commento non sembrano quindi potersi considerare come un mero “rinvio” della delicata questione della durata delle concessioni demaniali marittime per uso turistico-ricreativo, risultando viceversa, a nostro sommesso avviso, l’approdo conclusivo di un dibattito legislativo e dottrinario che perdura da quasi cinquant’anni.

Tuttavia, al fine di poter congruamente valutare gli effetti delle pronunce di cui trattasi, occorrerà attendere la posizione che verrà assunta non soltanto dal Legislatore nazionale – chiamato in maniera inequivoca dall’Adunanza Plenaria ad intervenire sul tema tramite un’organica riforma del settore – ma anche dai singoli Enti locali sub-delegati alla gestione del demanio marittimo, quali soggetti preposti, in assenza di una normativa nazionale sul punto, a bandire le procedure di gara per l’individuazione dei (nuovi) concessionari.

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